Se sei nato in Puglia, hai almeno una tua foto da bambino durante il Carnevale di Putignano. Ecco la mia, a 7 anni, mentre indosso questa apoteosi dell’infiammabile che era il mio costume da coniglio blu. Che tu sia pugliese o turista, il primo approccio al Carnevale di Putignano è così: una festa in cui potersi sentire bambini ad ogni età. Oggi però voglio rendervi partecipe di un altro piacere, quello di scoprire quanto siano speciali le storie che accompagnano il Carnevale di Putignano. Capiamo insieme perché - come dice un vecchio detto del luogo - nelle vene dei putignanesi non scorre sangue ma coriandoli

Il Carnevale e Putignano

A 44 chilometri da Bari, nella carsica Murgia, sorge Putignano. Un borgo antichissimo, più antico dei colonizzatori Greci che al loro arrivo vi trovarono i Peucezi. Qui il centro storico racchiude gli elementi tipici delle città pugliesi, con i suoi vicoli lastricati di pietra calcarea e muri imbiancati con latte di calce. Sebbene la tradizione sia più antica, il Carnevale nasce ufficialmente a Putignano il 26 dicembre 1394, quando un corteo di putignanesi in festa accompagnò l’arrivo delle reliquie di Santo Stefano in città. Questa data contraddistingue il Carnevale di Putignano come il più antico d’Europa e il più lungo d’Italia: ogni anno infatti la manifestazione inizia proprio il 26 dicembre, con il rito delle Propaggini a memoria di quella traslazione. 


Anche se si presenta sempre vestito a festa, proponendo ogni anno diversi eventi e attività collaterali, questo Carnevale conserva e osserva il codice contadino con cui è stato battezzato. Attraverso i riti, ad esempio, a cui è affidato il compito di scandire il calendario di Putignano da dicembre a febbraio, raccontandoci come il tempo veniva misurato nel mondo agricolo: pensiamo alla festività del 2 febbraio - il giorno della Candelora - quando si annuncia la fine dell’inverno più rigido. Tante sono le occasioni di ribaltamento sociale, come le Propaggini durante le quali è concesso al popolo di dire peste e corna su chiunque, ma in un raffinato periodare in versi poetici. Ogni gruppo sociale trova rappresentazione e libertà d’espressione nei giovedì del Carnevale: i Preti, le Monache, i Vedovi, i Pazzi (ovvero i giovani non coniugati), le Donne sposate, e i Cornuti ovvero gli uomini sposati, ma non solo. A Putignano infatti essere “cornuto” significa essere particolarmente competenti nel proprio lavoro, e ogni anno l’apposita Accademia delle Corna elegge il Gran Cornuto dell’anno.

L’arte dei carri di cartapesta

C’è un altro elemento però con cui il Carnevale di Putignano si mantiene saldo alle sue origini, un elemento evidente nel nome di Farinella, la maschera putignanese ispirata ad Arlecchino e al Jolly, con il naso avvinazzato e lo sguardo molesto. È un elemento meno evidente, ma ugualmente fondamentale, presente nella migliore espressione artistica del Carnevale di Putignano: parlo della farina con cui si realizza, insieme a colla e fogli di giornale, la cartapesta utilizzata per costruire gli enormi carri che conosciamo. Questa tradizione è stata la più recente ad essere introdotta nel Carnevale di Putignano: il primo carro allegorico completamente in cartapesta fu realizzato solo nel 1936. Oggi queste rappresentano un’eccellenza artigianale italiana, se pensiamo che i carri di Putignano vengono ceduti ai carnevali di tutta Italia e creazioni originali dei maestri cartapestai hanno sfilato durante il Columbus Day a Chicago. 

I putignanesi però non costruiscono carri solo per meravigliare e divertire, ma anche per far riflettere. La satira e la parodia infatti hanno contraddistinto questa tradizione da sempre, persino durante l’epoca fascista: la parata stessa nasce come sberleffo alle parate militari tipiche della dittatura, e non sono mancati carri che hanno apertamente criticato Mussolini. Così nel corso del tempo moltissimi politici sono finiti sui carri, insieme alla rappresentazione dei vizi, dei crimini e delle contraddizioni umane. Se all’inizio non c’era limite ai soggetti rappresentati, oggi la Fondazione del Carnevale di Putignano propone ogni anno un tema, che i partecipanti riescono sempre a trattare senza perdere questo spirito pungente. 

Ogni carro inizia dunque da un’idea, ispirata al tema principale e tradotta su carta con un bozzetto grafico. Tutti i disegni vengono presentati a dicembre, anche se la lavorazione dei carri inizia ben prima perchè per realizzare i giganti di cartapesta ci vogliono circa quattro mesi di lavoro ininterrotto e progressivamente più intenso all’approssimarsi della prima sfilata. Il primo passo è lavorare l’argilla, dandole la forma del bozzetto grafico in modo che possa fare da calco al gesso liquido versato in una seconda fase. L’artefatto ottenuto servirà poi come base per le centinaia di strati fatti con colla e giornali. Tutti i putignanesi concorrono al reperimento dei materiali, mettendo da parte i quotidiani o consegnandoli direttamente nei capannoni dove si costruisce il Carnevale. Ed è proprio qui, nei capannoni, che la tradizione del Carnevale si rinnova nel contemporaneo e la tecnica si trasforma in arte. 

Il mondo dei maestri cartapestai

A mio parere i sette hangar che punteggiano la periferia di Putignano sono i luoghi più magici che ho avuto la fortuna di visitare. E sono sicura di non essere l’unica a pensarla così, visto che ragazzi di ogni genere ed età si affacciano pieni di meraviglia in queste officine della creatività. Per loro i capannoni sono l’alternativa alla noia, per la città sono un luogo di formidabile coesione sociale, in cui giovani e meno giovani lavorano fianco a fianco con un obiettivo comune. C’è anche una sentita competizione, dal momento che i carri verranno poi giudicati e premiati. Non sono poche le abilità da padroneggiare: “devi saper fare il falegname, devi saper fare il meccanico, devi saper saldare, devi saper fare il cartapestaio” racconta Lello Nardelli, uno dei Maestri cartapestai. 

Perchè dove ci sono gli alunni ci sono anche i maestri, e al carnevale di Putignano i Maestri cartapestai sono i ‘sacerdoti’ delle piccole comunità riunite in questi prefabbricati dove si mangia, si discute, e si cresce insieme. Alcuni hanno la cartapesta nel sangue - e non i coriandoli come vuole il detto - come Paolo Mastrangelo, nato proprio il giorno delle Propaggini da un padre anch’egli Maestro cartapestaio. Paolo è uno dei quei folli sognatori che ha fatto di questa passione un lavoro, realizzando tutto l’anno scenografie per teatri e manifestazioni. Come ha fatto anche Deni Bianco, artista e scenografo, in grado di portare ogni anno al Carnevale temi di attualità: “Selfie della gleba” e “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro… precario” sono alcuni dei titoli più signficativi dei suoi carri. 

A Putignano l’artigiano riveste il ruolo di intellettuale, il cui lavoro è al servizio della collettività come ama sottolineare Marino Guarnieri, uno fra i più giovani Maestri Cartapestai. E questa consapevolezza non è solo dei giovani, anzi: basta guardare i carri dei Maestri storici come Giotta, Nardelli, Loperfido, e Impedovo per copirlo. Ciascuno di loro porta con sé una storia ancestrale, da cui scorgere lo spaccato di un’Italia che non viviamo più eppure fa parte di noi. Per questo, la prossima volta che sarai al Carnevale goditi la festa ma non privarti dell’emozione di vivere questa tradizione anche con la testa.

Crediti foto: https://www.carnevalediputignano.it