Fuerteventura fa parte dell’arcipelago delle Isole Canarie situato nell’Oceano Atlantico al largo dell’Africa nord-occidentale.

È la più selvaggia delle otto isole, la più “arida” ma anche la più misteriosa. Figuratevi che fino a vent’anni fa non c’erano nemmeno le auto ed erano pochissimi i centri abitati.

In tre anni e mezzo, da quando vivo qui, io per prima ho notato molti cambiamenti e, devo dire purtroppo, non tutti positivi.

Furteventura è nota soprattutto per le sue bellissime e selvagge spiagge che creano molto spesso con il fondale il cosiddetto “Point break”, punto di rottura, fondamentale per la formazione di onde surfabili che attirano maree di surfisti (scusate il gioco di parole) da tutta Europa.

Ma la isla tranquila non è solo surf.

Grazie alla situazione pandemica recente, quest’isola è sempre più meta ambita dal turista che cerca un po’ di sole e caldo per allontanarsi e staccare dal rigido inverno europeo o dal nomade digitale che preferisce lavorare da casa in un posto in cui “casa” ha una bella vista mare.

Mi rincresce però constatare che quando il turismo diventa “di massa” è sempre meno consapevole e attento all’ambiente.

In questo articolo voglio parlarvi della bellissima e ormai famosa “Pop Corn” Beach. Si tratta di una spiaggia bianchissima all’apparenza composta da sassolini che hanno la caratteristica forma di pop-corn. Tuttavia, la realtà è che questi sassi o per dirlo in spagnolo “palomitas” altro non sono che coralli morti trasportati alla deriva dalle onde del mare.

Non tutti sanno che i coralli sono dei piccoli polipi che, producendo carbonato di calcio, formano il tipico scheletro rigido che tutti conosciamo. A causa del surriscaldamento globale e del riscaldamento dell’acqua degli oceani, il corallo muore perdendo la sua classica pigmentazione diventando pertanto bianco. Ultimamente sta diventando pratica comune quando si viene a visitare la "spiaggia dei pop corn", portarne a casa una manciata come se si trattasse di un simpatico souvenir.

Io stessa ho potuto verificare che la loro quantità è di gran lunga diminuita da quando vivo qui perché erano presenti in varie spiagge dell’isola, non solo a Pop Corn Beach. Ciò che invece è aumentata è la presenza di plastica e mozziconi di sigaretta. La domanda dunque sorge spontanea: se è così semplice portarsi via un pezzo di quello che è il paesaggio tipico naturale, perché è così difficile non fare lo stesso con l’immondizia che noi stessi produciamo?

È possibile godere delle bellezze della natura senza rovinarla? Esiste ancora un turismo consapevole rispettoso dell’ambiente? O è necessario un cartello all’ingresso delle spiagge che invita a non portare a casa parte del territorio locale?

Riflettiamo su queste semplici domande ma soprattutto cerchiamo di apportare il nostro contributo.

Osserviamo, ammiriamo le bellezze che la natura ci offre, anche dei suoi paesaggi più aspri senza la convinzione di poterla “possedere”. È più facile di ciò che crediamo. Basta non fare nulla.