In queste ultime settimane, grazie a Clubhouse, ho avuto la possibilità di incontrare - seppur virtualmente, con l'esclusivo ausilio della voce - alcune personalità molto interessanti dietro le quali si celano storie uniche e di grande ispirazione. Una di queste è la storia di Dario Fina, che mi ha particolarmente colpito. 

Finora ho intervistato soprattutto creativi e piccoli/medi imprenditori, ma stavolta mi sembrava doveroso dar voce a Dario, un giovane cardiologo. Una figura professionale che, sebbene possa risultare completamente diversa da quelle intervistate finora, alla fine così distante non è. Anzi, io credo che abbia delle incredibili assonanze con tante altre storie. Con tutti coloro che hanno deciso di tornare per investire il proprio tempo, le proprie energie e il proprio know-how in Puglia e, più in generale, al Sud. Con tutti coloro che hanno profondamente a cuore le proprie origini e desiderano impegnarsi attivamente per il futuro della propria terra. 

Sono sicura che le parole di Dario si riveleranno arricchenti, così come è stato per me.

E vedrete che il cuore sarà un po' il fil rouge di questa intervista. Buona lettura. 

Ciao Dario, partiamo con una tua piccola presentazione.

Ho 32 anni e sono nato in provincia di Brindisi. Subito dopo la maturità, mi sono trasferito prima a Pavia, dove ho studiato Medicina e successivamente a Milano, dove mi sono specializzato in Cardiologia ed ho iniziato a lavorare da specialista. Ho anche trascorso un periodo della mia formazione all’estero, in Olanda, precisamente a Maastricht.

Oltre alla cardiologia, le mie due più grandi passioni sono il cibo e la musica. Infatti adoro andare a pranzo o cena fuori in compagnia, per scoprire piatti, materie prime e locali sempre diversi. La musica mi accompagna praticamente sempre: appena sveglio, in auto, nel tempo libero, mentre svolgo commissioni varie ed eventuali.

Per quanto tempo sei stato fuori e che cosa ti ha spinto a tornare?

Come tanti, sono partito per frequentare l’università fuori a 19 anni, subito dopo il liceo. Ho da sempre avvertito l’esigenza di allontanarmi da casa sia per questioni formative e professionali sia per un tema di esperienza umana. Per dirla in parole povere, ho sempre saputo che me ne sarei andato. Inizialmente ero convinto che non sarei mai più tornato in Puglia, sbattendo un po’ la porta alle mie spalle mentre uscivo, lo ammetto.

Nel corso di questi anni credo effettivamente di aver maturato molte competenze e di essermi arricchito tantissimo come persona. Rifarei tutto e ripercorrerei ogni passo, perché lungo la strada mi sono imbattuto in tantissime occasioni di crescita e soprattutto ho incontrato una marea di persone stimolanti e preziose, che mi hanno trasformato nel medico e nell’adulto che sono oggi. Mi sento particolarmente legato a Milano, città con cui ho avvertito una connessione fortissima, in cui sono stato perfettamente a mio agio e dove, per un periodo, pensavo sarei rimasto stabilmente. La sua dimensione metropolitana, il suo spirito eclettico, la sensazione di poter realizzare qualsiasi cosa, nonché la cerchia di amicizie e relazioni che ho stretto lì rappresentano una delle cose più belle che mi siano capitate e continuo a coltivarle ancora oggi.

Tuttavia, nonostante tutto questo entusiasmo, con il passare degli anni, ho avuto come l’impressione che una specie di mano sconosciuta abbia depositato nella mia testa un seme, quello del rientro. Era lì tranquillo, tenuto a bada dai ritmi incessanti, dai mille progetti e da una quotidianità fitta di impegni lavorativi e non. Quel seme forse semplicemente aspettava l’occasione giusta per germogliare.

Tale occasione si è presentata durante la scorsa primavera, quando la pandemia ci ha travolti e siamo stati obbligati a una frenata improvvisa, a scendere dalla giostra della routine quotidiana. In quel momento alternavo l’assistenza dei pazienti affetti da COVID19 alla quarantena nel mio appartamento a Milano: in quella specie di frullato di angoscia e solitudine ho avuto modo per la prima volta di puntare i riflettori su una dimensione personale che non avevo mai esplorato prima, di chiedermi dove stessi andando professionalmente e umanamente, nonché di riflettere su quali fossero le mie reali esigenze e priorità come medico e come essere umano.

Ho realizzato, in sintesi, che probabilmente mi sarei sentito più sereno e realizzato abbandonando il moto inerziale del percorso che mi ero in un certo senso auto-obbligato a percorrere, a favore di una nuova strada pavimentata con una più lenta, paziente e solida costruzione individuale e professionale, che portava altrove. E quell’altrove era casa. Quasi per caso, mi si è contemporaneamente presentata un’occasione lavorativa a Lecce che ho ritenuto valida ed interessante, per cui, in questo mix di importanti riflessioni e (forse) destino dopo 13 anni fuori ho deciso di provare a tornare in Puglia.

Per un giovane medico quali sono i limiti (se ci sono) del vivere in Puglia? Sia a livello umano che professionale.

La competenza dei medici in Puglia, così come di tutto il personale sanitario, non è affatto inferiore rispetto ad altre regioni d’Italia. Analogamente la sanità italiana è spesso bistrattata mediaticamente e dall’opinione pubblica, ma in realtà riesce a garantire elevati standard assistenziali per tutti tramite il servizio sanitario nazionale, anche in un’ottica comparativa con altri paesi.

Credo, in generale, che uno studente di medicina possa formarsi egregiamente sul territorio regionale, diventando un ottimo medico, senza aver bisogno necessariamente di spostarsi.

Se dovessi individuare un limite, quindi, non sarebbe nelle possibilità strettamente formative e tanto meno nelle competenze professionali, bensì riguarderebbe un po’ di ritardo nella capacità di creare una rete virtuosa tra università, ospedali e imprese. Tale sinergia si traduce in una maggiore possibilità di produrre innovazione, fare ricerca e creare occupazione ed in altre aree d’Italia e d’Europa è probabilmente stata potenziata con maggiore anticipo.

In una room su Clubhouse mi ha colpito molto il sentirti dire che la sanità pugliese ha delle eccellenze e funziona molto meglio di quanto si pensi. Mi piacerebbe approfondire questo discorso.

Prima ancora di rientrare ero al corrente dell’esistenza di svariate strutture e di professionisti operanti sul territorio in maniera assolutamente competitiva, o per lo meno non inferiore, a quelli che si ritrovano in altre aree del Paese. Probabilmente è esistito un momento storico in cui le capacità assistenziali nella nostra regione non erano al passo con i tempi, ma fortunatamente credo che esso sia volto (o stia volgendo) al termine e penso che un contributo fondamentale a questo derivi inevitabilmente dal famoso ricambio generazionale.

Questo non vuol dire idealizzare la sanità pugliese o dichiarare che sia priva di limiti, anzi! Esistono molti aspetti su cui lavorare, ci sono molti margini di miglioramento, come d’altronde in realtà accade un po’ ovunque. È tuttavia un peccato non conoscere che si possano ricevere (ed erogare) cure di buon livello senza necessità di allontanarsi sempre e comunque, varcando i confini regionali. Senza voler entrare nello specifico e offrendo una riflessione che riguarda molti ambiti e tantissime professioni, con gli anni mi sono accorto che siamo sempre pronti a non dare il giusto valore a ciò che abbiamo a disposizione, cadendo vittime della convinzione che solo altrove si possa fare bene. Questo punto di vista non solo è spesso sbagliato, ma demoralizza tutte quelle belle realtà che esistono (e re-sistono) in loco. Insomma, la consapevolezza che esista del buono, non è certamente una condizione sufficiente, ma è necessaria a valorizzare e potenziare quelle figure e quelle realtà virtuose che creno oppure riportano valore in Puglia.

Ti sei mai pentito di essere tornato?

Probabilmente è troppo presto per parlare di bilanci e forse non sarà mai il momento giusto per farlo. Tuttavia posso dire con certezza che per il momento sono molto contento della mia scelta. In ospedale ho trovato un gruppo di lavoro molto giovane anagraficamente e culturalmente, sempre stimolante ed entusiasta. Mi ritengo per questo molto fortunato.

Un consiglio che vorresti dare ai giovani che vorrebbero investire le proprie risorse e le proprie skills in Puglia, ma hanno paura.

Non mi sento nella posizione di poter dispensare consigli, in fondo sono io stesso fortunatamente ancora molto giovane, per cui al massimo di suggerimenti ho bisogno in prima persona (risata). Più che altro, mi sento di lanciare l’invito affinché sempre più coetanei si approccino al tema del rientro con meno pregiudizi ed in maniera aperta e propositiva. La sfida più complicata è probabilmente quella di superare il mito dell’altrove. Mi auguro, insomma, che ogni universitario, ogni professionista, ogni lavoratore si allontanino per scelta dalla Puglia e non perché obbligati a farlo per una reale necessità lavorativa o formativa, oppure ancor più per cattiva percezione delle opportunità locali. Analogamente, mi auguro che ogni cittadino che si è formato fuori maturi il coraggio e individui le condizioni per poter tornare. So bene che queste ultime non sono scontate, non sono uguali per tutte le professioni e dipendono soprattutto da scelte politiche ed amministrative. Ogni individuo che torna in Puglia, tuttavia, specie se qualificato, arricchisce il tessuto sociale e civile del territorio, contribuendo a generare valore ed innescando un impulso al rinnovamento in loco. In sintesi, che siamo vicini o lontani, non siamo affatto estranei al destino della nostra regione. Questa è una consapevolezza importante che tutti secondo me dovremmo maturare.

Mi sento infine di aggiungere che un ruolo cruciale è rappresentato dal network, inteso come rete di contatti. È importante che tutta la società attiva, specie quella che intende restare o rientrare in Puglia, impari a condividere percorsi, aspettative, progetti, ma anche difficoltà e frustrazioni. Superando localismi e individualismi, lo spirito di collaborazione può farci scoprire “alleati” inaspettati anche in chi apparentemente ha intrapreso percorsi differenti o lavora in ambiti molto diversi dal nostro. Questo in fondo è quello che è piacevolmente successo con te, Manuela!

Quali sono i tuoi prossimi progetti ed obiettivi?

La priorità assoluta è cercare di svolgere al meglio la mia professione di cardiologo, esercitando le competenze che ho sviluppato nel corso delle mie tappe, specie in ambito di terapia intensiva che di Imaging. Essendo di fatto all’inizio della mia carriera, mi piacerebbe continuare a crescere professionalmente e sono fiducioso che il contesto lavorativo in cui mi trovo, come già detto, possa permettermi di farlo. Punto anche a proseguire alcuni corsi di perfezionamento che avevo avviato prima di trasferirmi. Un altro obiettivo ambizioso che mi sono prefissato è di portare avanti da qui la collaborazione scientifica con il centro olandese che ho frequentato e con cui sono in costante contatto, coinvolgendo i miei colleghi e il centro dove attualmente lavoro.

Al di la degli aspetti strettamente legati alla medicina, infine, spero di poter vivere la Puglia al meglio, come cittadino, riscoprendola con occhi diversi e magari contribuendo a migliorarla, nel mio piccolo e per quanto sia possibile.

La medicina e i social: come riesci a combinare le due cose? E qual è il tuo rapporto con i social?

Sono sempre stato incuriosito dal mondo della comunicazione e dai social, complice un’indole estroversa e loquace. Ritengo inoltre che un corretto utilizzo di tali mezzi sia molto importante per ogni professionista moderno.

Lungi dal poter sostituire il rapporto umano e l’importanza del momento clinico, essi rappresentano, se ben impiegati, innanzitutto un prezioso strumento di divulgazione, nonché un potenziale ponte tra medico e paziente, facilitando la loro reciproca comprensione, accorciando le distanze e abbattendo molte barriere.

Faccio un piccolo spoiler: vorrei lanciare un progetto personale che unisce la medicina e i la divulgazione online. Ma per il momento non anticipo altro... troverete presto qualche informazione sul mio profilo instagram. Stay Tuned.

Ultima domanda. Come sempre faccio, anche a te chiedo un mini itinerario alla scoperta dei tuoi luoghi del cuore in Puglia. Cosa consigli ai lettori?

Pur vivendo a Lecce, che è una città stupenda e che non ha bisogno di presentazioni, uno dei luoghi più belli della Puglia e a cui sono più legato è certamente l’alto Salento. Per cui vi porterei lì.

Scelgo come base Mesagne, la città dove sono nato, che ha un centro storico stupendo (tra l’altro a forma di cuore!), negli ultimi anni molto valorizzato, pieno di monumenti, tra cui numerose chiese, un parco archeologico messapico ed un grande Castello. Il centro è anche ricco di locali dove uscire a cena o dopo cena. Cosa più importante, Mesagne è una città che ha saputo riscattarsi da anni difficili, per cui si respira per le sue strade un’aria di rinascita e di rivincita molto bella.

Per la sua posizione strategica, Mesagne è la base perfetta per andare al mare sia a Torre Guaceto, che è una riserva naturale incontaminata e lontana dalle folle di turisti, sia sulle più note spiagge dello Ionio (Porto Cesareo e Torre Lapillo, tra le più vicine). Obbligatoria una tappa ad Ostuni e varie passeggiate serali tra i borghi della Valle d’Itria, non molto distanti, magari fermandosi a cena per gustare le prelibatezze locali.

Propongo anche un’escursione in bici tra gli ulivi e le tante masserie, che caratterizzano tutto il territorio: tra i punti più caratteristici, la piana degli ulivi di Serranova, dove è possibile ammirare una distesa di esemplari secolari, che sembrano vere opere d’arte.