La fotografia prima del digital: scopriamo i suoi esordi
Vai all'articolo: La fotografia prima del digital: scopriamo i suoi esordiSiamo bombardati da immagini. Il web ne è pieno. Anche di software e app per creare fotografie degne di veri professionisti, perfino senza saper usare una fotocamera professionale.
Tutto veloce, il tempo di una condivisione e la foto è archiviata. Abbiamo i cellulari pieni di foto e le pareti di casa vuote.
Eppure la fotografia è nata in un altro modo.
Da essere considerata “ancella della pittura” come la definiva Baudelaire, rivestì dapprima un ruolo chiave nella nascita del movimento Impressionista - i pittori si riunivano nello studio fotografico di Nadar - fino a diventare medium a sé stante considerata al pari degli altri mezzi espressivi artistici. Per la sua facilità di riproduzione tecnica, la fotografia ha interessato diversi critici, tra cui Walter Benjamin, stravolgendo il concetto di opera d’arte abbattendo la sua aura di intangibilità e favorendo la riflessione sul rapporto tra arte e tecnica e la fruizione dell’opera d’arte nella società di massa.
Con il dopoguerra negli Stati Uniti e in Gran Bretagna nasceva il più grande fenomeno che avrebbe riconsiderato l’arte dagli anni Sessanta in poi: la Pop Art. Richard Hamilton, con l’opera Just what is that makes today’s homes so different, so appealing? del 1956 applica con un divertente collage dei frammenti fotografici su carta, realizzando una pubblicità articolata dei più noti marchi allora conosciuti.
E dall’altra parte dell’Oceano un ragazzo di Pittsburgh inventa la tecnica che lo renderà celebre in tutto il mondo, la serigrafia, ovvero l’uso della fotografia riprodotta mezzo stampa su altri supporti. Questo ragazzo era Andy Warhol. Grazie alla sua rivoluzione l’arte è entrata in ogni spazio e i soggetti rappresentati hanno interessato oggetti d’uso quotidiano, personalità del jet-set e privati che desideravano avere un Warhol in casa. Ed è così che nasce la famosa frase “In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes”; che ha consentito all’arte di diventare ciò che è oggi.
Ma è con Henri Cartier-Bresson che la fotografia diventa protagonista degli eventi di grande impatto che hanno caratterizzato il Novecento. Dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla seconda Guerra Mondiale e alla decolonizzazione, Cartier-Bresson è stato uno dei grandi testimoni della nostra storia, definito, a giusta ragione, “l’occhio del secolo”.
Interessato inizialmente alla pittura, si avvicina alla fotografia durante un periodo di convalescenza a Parigi e sceglie una Leica 35 mm come strumento espressivo. È lo spirito surrealista a segnarlo: sovversivo, giocoso, il prevalere dell’inconscio e della casualità. Il suo metodo fotografico prevedeva di allineare “testa, occhio e cuore” e di creare diversi scatti, fin quando dalla serie di foto non ne affiora una che sintetizza tutto e descrive perfettamente un evento, una persona o un luogo.
Nel 1947 con Robert Capa, David Seymour e George Rodger fonda la Magnum Photos, la cooperativa di fotografi destinata a diventare la più importante agenzia fotografica del mondo. Da quel momento e fino agli inizi del 1970, si susseguono viaggi e reportage in tutto il mondo, lavorando per quasi tutti i grandi giornali illustrati internazionali e immortalando eventi irripetibili, dall’apertura dei campi di concentramento nazisti al disgelo dell’Urss, dall’arrivo dei comunisti a Pechino alla morte di Gandhi.
Grazie al suo spirito innovativo Henri Cartier-Bresson è riuscito a cogliere attraverso il suo obbiettivo dei frangenti irripetibili che descrivono la contemporaneità della vita: secondo lui la macchina fotografica non è che un mezzo che non deve compromettere la genesi iniziale dell’opera, ma solo renderla tale dal punto di vista tecnico, poiché
Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere― H. Cartier-Bresson
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