C’è un momento preciso della mia vita che io associo all’ultima volta in cui mi sono sentita completamente felice. Quella sensazione in cui se da un lato ti senti invincibile per quanto stai bene, dall’altro hai paura che quella felicità ti venga improvvisamente rubata via.

Bangkok, fine Agosto 2017. 

Ricordo nitidamente quel momento. Scendevo le scale della metropolitana con Francesco e pensavo che ero in una delle mie città preferite, con una delle persone più importanti. Dall’altra parte del mondo, in Italia, c’era l’altro pezzo di cuore: la mia famiglia. Un pezzo di cuore che stava bene, che non aveva bisogno di me. A cui bastava sapere che anche io stessi bene. Pensavo che tutto era in ordine, al suo posto: potevo contare su un lavoro che mi permetteva di vivere più che dignitosamente facendo ogni giorno quel che amo, potevo contare su una famiglia con tanti difetti, ma fondamentalmente sana e serena. Davanti a me tanti progetti e #solocosebelle, come mi piaceva ripetere in continuazione. Gradino dopo gradino, pensavo che di lì a poco avrei potuto fare un viaggio con la mia famiglia. Avrei potuto regalare loro un viaggio per Natale. Forse papà si sarebbe convinto a prendere di nuovo un aereo, dopo quasi trent’anni. 

Non mi manca niente. Pensavo.

E mentre lo pensavo, avevo paura. Una paura fottuta. Forse un presentimento di quello che di lì a poco sarebbe successo.

Il dolore, la perdita, l’aggrapparsi ai ricordi. 

Non starò qui a tediarvi ricordando quei momenti. Chi ha letto le riflessioni precedenti saprà già.

Fatto sta che quella è stata l’ultima volta in cui mi sono sentita completamente felice. Da allora qualcosa è cambiato e credo che non sarà più possibile tornare indietro. Mai più. 

Da allora ho perso la spensieratezza di chi non ha nulla a cui pensare, se non badare solo a se stesso. 

Forse quando si diventa genitori avviene la stessa cosa. Ascoltavo un podcast di Paola Maugeri in cui diceva che da quando è diventata mamma ha iniziato a soffrire della paura di volare, strettamente connessa alla paura di perdere suo figlio.

In me è accaduto qualcosa di simile. 

No, non ho mai avuto paura di volare, ma da quel momento nella mia vita ha iniziato a farmi compagnia l’ossessione di avere tutto sotto controllo. 

Un’ossessione che - devo essere sincera - mi accompagna ancora oggi. 

Probabilmente non si direbbe. Sembro una persona molto spensierata, specialmente se siete abituati a seguirmi sui social.

Ma vedete, negli anni ho imparato quanto i social diano un’immagine distorta della realtà. Quanto i social - a volte giustamente - raccontino solo una parte di ognuno di noi. 

Qui sul blog sono abituata a raccontarmi da sempre senza veli, sin da quando eravamo davvero quattro gatti a frequentare questo spazio virtuale. 

Questa sono io. Una persona solare, molto estroversa e determinata, ma anche molto sensibile e volubile.

E se da un lato provo a tenere il controllo di tutto, dall’altro ho sempre paura di non fare abbastanza, sopraffatta dai ritmi incredibili dei social network. Sopraffatta dalle deadline, dalla logica odierna del “tutto e subito” e della bulimia di contenuti a cui siamo sottoposti quotidianamente online. 

Bari, dicembre 2017

Accompagno mia madre per un controllo di routine dal medico e decido di utilizzare pochissimo il telefono per tutta la mattina (cosa per me molto difficile, soprattutto in un giorno non festivo e a pochi giorni dalla chiusura dell’anno).

Mi scrivono su whatsapp chiedendomi di inviare un file.

Rispondo, dico che avrei inviato questo file quanto prima. Ripongo il telefono in borsa, pensando che l’avrei inviato appena rientrata a casa. 

Nel giro di pochi minuti ricevo una telefonata di sollecito per l’invio del documento, costringendomi a riprendere il telefono e a inviare immediatamente tutto.

Essere freelance dovrebbe significare essere liberi, come dice la parola stessa. Eppure non è così: è solo una parola che regala una meravigliosa illusione. FREE lance.

Non me la prendo con il mio interlocutore al telefono, me la prendo con questa società del fast everything. E me la prendo con me stessa che ne faccio parte. 

Possiamo diventare schiavi di ciò che amiamo? Purtroppo conoscete la risposta ed è affermativa.

Questo vale sia per l’amore nei confronti di qualcuno che per l’amore nei confronti di qualcosa. Del lavoro, ad esempio.

Ed è dannoso. Perché ti risucchia, ti spreme e ti toglie ogni energia. 

Che valore ha il nostro tempo?

Credo sia la cosa più preziosa che abbiamo. Perché non torna indietro. Se solo il tempo potesse tornare indietro, se solo potessimo riavvolgere il nastro, mi comporterei diversamente in tantissime situazioni e, in primis, recupererei il tempo speso male con chi non c'è più. Farei il pieno di ricordi, di esperienze, di risate e anche di fotografie. Per rendere quei ricordi immortali, anche materialmente. Ci penso spesso, ma non ci si può condannare eternamente per qualcosa a cui non si può porre rimedio.

Vedete, due anni fa mi sono ripromessa che avrei imparato a gestire meglio il mio tempo e a dedicarlo solo a chi amo.

Vi confesso che non ce l'ho fatta.

Ci ho provato eh, pensate che ho anche eliminato tutti quegli appuntamenti inutili, quei caffè senza senso. Ma non sono stata brava a gestire il tempo nel mio lavoro, anche se mi ero ripromessa che avrei dedicato più momenti alle persone a me care - oltre che a me stessa.

Questo accade per due motivi: innanzitutto perché amo quel che faccio (tutti gli innamorati del proprio lavoro capiranno) e un po' perché la mia attività spesso mi costringe a trascorrere i weekend fuori casa, spesso anche l'intera settimana. Bellissimo, eh. Si collezionano ricordi bellissimi. Però si lascia anche tanto per strada.

E quindi per il 2020 vorrei diventare ancora più predisposta a selezionare e, quando necessario, a rinunciare. Rinunciare a delle cose può avere una contropartita che non è monetizzabile ma che può valere molto ma molto di più.

Alla fine dell'anno dovremmo tirare le somme e mi piacerebbe avere un portale con tanto di grafici per valutare la mia situazione 2019 sul piano umano e personale. Un po' come il portale che utilizzo per la fatturazione elettronica. Purtroppo, però, siamo portati a dare più importanza ai numeri che a tutto il resto. Voglio quindi che questo articolo possa essere un promemoria per me e per voi.

Un promemoria per trovare il giusto equilibrio delle cose. Tra intimità e lavoro. Tra numeri e anima. Tra dolore e felicità.

Sì, perché nonostante la perdita e il dolore io sono fortemente convinta che si possa essere felici. Può tornare il sorriso - un sorriso pieno e sincero - nonostante la ferita dentro.

Schopenhauer diceva che la vita è un pendolo che oscilla incessantemente tra la noia e il dolore. A me piace pensare che la vita sia un pendolo che oscilla incessantemente tra la gioia e il dolore. E tutto quello che possiamo fare è abbracciare le gioie che ci regala e goderne appieno, fare scorta di felicità per tutti i momenti bui che verranno. Perché quando verranno ci aiuteranno a rialzarci.

Purtroppo le perdite ti cambiano molto e ti fanno diventare più cinico, più realista. Ma questo non significa che non si possa più tornare ad essere felici. Non sarà una felicità assoluta, ma sicuramente non si darà più per scontata.

L'anno scorso abbiamo passato un Natale molto difficile e con questo flusso di pensieri spero di far sentire meno soli coloro che stanno vivendo una situazione simile. Vorrei instillare un po' di speranza. Vorrei che queste parole vi arrivassero avvolgenti come un mio abbraccio, anche se virtuale.

E anche se quell'ultimo momento di felicità assoluta è andato via per sempre, chissà, magari ne arriverà un altro tra qualche anno, quando meno ce l'aspettiamo. Per capire che non era l'ultimo... e che ce ne saranno ancora altri.

Questo sarà l'ultimo articolo del 2019. Ci tenevo a chiuderlo così. Buon Natale :)