Sulla strada giusta: ecco perché viaggio
Vai all'articolo: Sulla strada giusta: ecco perché viaggioIl viaggio, ovunque esso conduca, è il posto giusto per mettere in moto i pensieri.
Prima di iniziare a viaggiare avevo un modo completamente diverso di concepire la vita, gli oggetti, il denaro, il lavoro, la carriera.
Sono sempre stata una con la testa fra le nuvole e un mucchio di sogni nel cassetto, ma non pensavo che avrei mai potuto trasformare i miei desideri in realtà.
Prima di iniziare a viaggiare ero convinta che l'unico modo per essere felici fosse seguire un percorso già segnato, fidarsi dei consigli di chi ha più esperienza, ottenere l'approvazione altrui.
E invece a volte occorre andare contro tendenza.
Non sempre - sia chiaro - ma solo quando ci accorgiamo che il vestito che abbiamo scelto di indossare nella società non si adatta più al nostro corpo, non calza più a pennello.
Non è questione di taglie, né di uniformi, divise o camici bianchi: è questione di anima.
Quando non ci si sente più a proprio agio si è sempre liberi di cambiare. Non siamo alberi e non abbiamo radici che ci costringono a rimanere nello stesso posto (o nella stessa situazione) per sempre.
È quello che è successo a me.
E sono grata di aver virato verso una rotta più incerta perché, se così non fosse stato, oggi non sarei in Cambogia, oggi non avrei imparato a conoscermi così nel profondo.
Perché - lo dico sempre - il viaggio è soprattutto scoperta interiore, un percorso dentro se stessi.
Ed è quello che è successo anche a Francesco, meglio noto come Wandering Wil.
Tempo fa l'ho intervistato e ci ha annunciato l'uscita del suo primo libro: Sulla strada giusta.
Bene, io quel libro l'ho finito proprio prima di partire per l'Asia e adesso, in viaggio, sto metabolizzando gran parte delle tematiche trattate.
Sulla strada giusta non è un libro come tanti, è un libro particolare. Un libro da leggere, metabolizzare e digerire pian piano. Un libro che invita a riflettere, a porsi mille interrogativi.
Francesco ha viaggiato tanto, davvero tanto, ma nel suo libro non parla di viaggi nel senso stretto del termine. No, parla della strada che ha percorso per scoprire il valore della felicità.
Un valore che non risiede nella certezza di una pensione, di un posto fisso, di un lavoro ben pagato.
Un valore che consiste piuttosto nell'autenticità degli affetti, nella bellezza delle cose piccole, semplici e genuine, nel contatto con lanatura e con le proprie radici, nel tempo ben speso, nel tentativo di realizzare i propri sogni.
Sì, i sogni.
Quelli che per molti sono cazzate - passatemi il francesismo, solo per stavolta - e che per lui, per me e molti altri sono invece linfa vitale.
Nel libro di Francesco ho trovato una parte di me, uno specchio in cui si riflettono molti dei miei pensieri.
Sulla strada giusta è un urlo, una voce fuori dal coro, uno stimolo per essere se stessi.
Mentre scrivo sono in Cambogia, in un autobus - pagato meno di sei euro - che in circa 6 ore mi porterà da Battambang a Phnom Penh, la capitale.
Attorno a me ci sono solo cambogiani. Un monaco buddista paffuto, socievole e dalla risata contagiosa, un ragazzo che con curiosità mi spia mentre scrivo, delle gentili signore dal viso simpatico.
E ho accanto la persona più speciale.
Per me la felicità è qui, in questo bus diroccato.
Non c'e nessun altro posto al mondo un cui vorrei essere in questo momento.
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